pasquale ionataOggi inizia per “Psicologia e Comunione”il secondo congresso  internazionale dopo quello del giugno 2002 a cui molti di noi erano già presenti.
L’attuale congresso si snoderà  come un’esperienza di dialogo,  di confronto, di ascolto e di ricerca, attorno a due domande forti:    1) Può l’individuo di oggi realizzare se stesso senza l’altro, senza la comunità? 2) La relazione di “comunione” può rappresentare per la psicologia contemporanea un “nuovo” paradigma relazionale?

E quindi il convegno si porrà come uno spazio di riflessione e di dialogo sulle prospettive che possono emergere in psicologia da questo nuovo paradigma.

Ma prima di iniziare, ci sembra doveroso presentare, seppur brevemente, la realtà culturale di “Psicologia e Comunione”, nelle sue radici originarie, nei suoi sviluppi dialogici, e nei suoi obiettivi più propriamente culturali.

Per quanto riguarda le sue radici originarie, Psicologia e Comunione come realtà culturale ha una data di nascita ben precisa ed è il 26 febbraio 1999 quando Chiara Lubich fondatrice del Movimento dei Focolari riceve la laurea h.c. in Lettere-Psicologi dall’Università di Malta. Le motivazioni che sottendono a questo conferimento di dottorato sono concentrate in poche m significative parole: “L’università riconosce il contributo significativo della signorina Chiara Lubich nel campo del pensiero umano, in quanto ha tradotto  in prassi e metodo di ricerca il nucleo del messaggio cristiano e ha offerto, alle discipline umanistiche in particolare, una chiave ermeneutica originale del soggetto umano, avendo fondato un modello di vita spirituale caratterizzato, da un lato, dall’equilibrio tra il rispetto dell’individualità della persona e la reciprocità dei rapporti interpersonali e, dall’altro, dalla valutazione positiva del dolore e di ciò che è negativo nella storia personale e collettiva. In questo modo ha aiutato a coltivare una visione integrale della persona umana nel campo della psicologia”. Nella laudatio il Dr. Mark G. Borg dice: “ Chiara Lubich è l’artefice di grandi mutamenti nella vita di una moltitudine di persone in tutto il mondo. Non solo il suo lavoro ha ispirato altri a fare grandi cose, ma a farle in modo discreto e senza chiasso…Chiara e i suoi seguaci  hanno acceso una rivoluzione silenziosa, che non esiterei a definire “antropologica”, viste le conseguenze personali e sociali che essa ha operato…Questo stile di vita sottolinea un tipo di “relazione” a cui le prospettive contemporanee di diverse discipline convergono”.  Chiara Lubich nella sua magistrale “lectio”  dopo aver ripercorso la storia e la diffusione del Movimento, i cardini della spiritualità, i vari dialoghi aperti e gli effetti prodotti dal carisma dell’unità, nella seconda parte della lezione, mostra gli evidenti risvolti psicologici dei cardini della spiritualità dell’unità, ed è proprio quello che adesso ascolteremo insieme:

Questa seconda parte della lezione di Chiara Lubich,  proprio per la sua particolare proposta per molti aspetti originale, merita un’ulteriore approfondimento  allo scopo di aiutarci ad entrare maggiormente in questo convegno culturale con spirito di dialogo e di ascolto reciproco.  

Ed essendo questo convegno destinato a noi operatori in campo psicologico, l’approfondimento che ne farò sarà solo in termini psicologici, e le considerazioni che si possono fare dopo aver ascoltato il video di poco fa sono le seguenti:
la scoperta di essere amati da Qualcuno è la base  dell’autostima e  dell’identità che porta ad avere una non indifferente sicurezza psicologica, che dà un senso  alla vita e uno scopo nel  mondo.

Una volta acquisita l’autostima è necessario relativizzare il proprio Io, liberandolo dai condizionamenti interni ed esterni. In tal modo ci si accetta così come si è, e soprattutto si accetta incondizionatamente la realtà, l’inevitabile che ci accade e si sintonizza  la propria volontà con la volontà trascendente.
Questa sintonia è la vera autorealizzazione dell’uomo, la sua perfezione psicologica che può essere sintetizzata nell’amare l’altro. Per fare ciò occorre rinunciare a difendere l’Io per trascendersi nell’altro.  E nessuno è così Io, così persona realizzata come colui che per salvare la trascendenza dell’altro, dimentica se stesso. Autonegazione per amore, questa è la legge psicologica della piena realizzazione personale.
Accostarsi all’altro vuoti di se stessi per accoglierlo: è il “farsi” uno che permette una psicologia dell’incontro reciproco all’insegna della mutua empatia. 
Nel processo di realizzazione e di maturazione, si raggiunge un nuovo stadio mediante il distacco da quanto acquisit precedentemente. La sofferenza dunque può essere necessaria per ritrovare se stessi, in questo caso, quindi, non è da respingere ma da accettare: è la dinamica del “perdere” come legge fondamentale dello sviluppo integrale della persona.  Per poter essere in armonia con se stessi e con gli altri è necessario assumere un atteggiamento fatto di semplicità, libertà e
svuotamento (anche di cose positive), fatto di silenzio, di accoglienza, di non giudizio, di rispetto, ma soprattutto di ascolto.
Gli altri sono indispensabili alla mia identità, e ne sono una conferma psicologica. Ma questa conferma psicologica avviene nella donazione, nella relazione d’amore  senza limiti e non nel mero aggregarsi per finalità particolari. Solo nella dimensione di vera comunione con gli altri si va oltre il semplice gruppo psicologico per costituire una comunità, dove si realizza  il vero Io che è in unità con gli altri.

Comunque, tornando alle radici originarie, fu proprio grazie a quella  circostanza accademica, che un gruppo di 70 professionisti presenti anch’essi a Malta, esperti  nelle varie discipline psicologiche,  si riunirono per dare inizio ai primi “vagiti” di questa realtà culturale. 
La lectio di Chiara Lubich del giorno prima costituì la base del loro confrontarsi sulle esperienze professionali. Avvertivano che non potevano più aggrapparsi alle proprie categorie perché il carisma dell’unità, penetrando la psicologia, la costruiva su basi nuove. L’arricchente esperienza vissuta aveva fatto nascere nei presenti il desiderio di ritrovarsi con altri che condividevano lo
stesso stile di vita, per riflettere insieme su come approfondire i risvolti psicologici della spiritualità ed evidenziare le novità.

E in effetti, da allora Psicologia e Comunione ha avuto degli sviluppi che hanno  interessato e attirato a sé numerosi psicologi, psichiatri, psicoanalisti, psicoterapeuti, psicopedagogisti, ecc.,  diversi fra loro per  formazione ed orientamento, dove le differenze culturali sono state recepite e vissute come nota di arricchimento e di vitalità per il variegato mondo della psicologia.
Dal 14 al 16 giugno del 2002 come si accennava all’inizio, c’è stato il primo convegno internazionale di Psicologia e Comunione, a cui parteciparono circa 190 esperti. 
Tutto il convegno aveva come leit-motiv la proposta di andare “Verso un pieno umanesimo”,
l’umanita’ di Gesù, modello di realizzazione per l’uomo.
Attorno al tema principale di Silvano Cola “Orizzonti nuovi in psicologia” si sono poi sviluppate significative relazioni.

Silvano Cola è  stato il primo responsabile di Psicologia e Comunione sino al dicembre 2005, quando si dimise per motivi di salute per poi lasciarci definitivamente nel febbraio 2007. 

Si può dire che Silvano Cola sia stato un vero e proprio innamorato dell’umanità di  Gesù, ed in questo innamoramento si annida tutta la sua peculiare  proposta psicologica. Il suo contributo culturale potrebbe essere rappresentato con una bella immagin allegorica, quella di un “dolmen” preistorico, dove ci sono due blocchi di pietra, due strutture portanti a mò di colonne che sostengono un altrettanto blocco di pietra che funge da architrave.

Le due basi portanti sono riconducibili alle seguenti idee forza:

1) la dimensione spirituale è essenzialmente una “esperienza” psicologica, non qualcosa di astratto, impalpabile, lontana dalle vicende umane. La fede o la religiosità sono nella loro essenza “esperienze vissute”, sono categorie psicologiche oltre che spirituali.  

2) la vera personalità di ciascuno di noi emerge attraverso il “decondizionamento” evangelico. Per essere veramente “uomo” è necessario staccarsi da tutti i condizionamenti, da se stessi, dagli altri, dalle paure, dalle dissociazioni interiori, dai limiti esterni.

Due colonne che sostengono e supportano culturalmente l’architrave riconducibile all’”Anthropos”, un concetto archetipico mutuato dalla psicologia junghiana, per designare il grandissimo interessamento di Silvano Cola nei confronti dell’Uomo Gesù. In fondo Gesù, l’Uomo-Anthropos, è colui che ha percorso esemplarmente tutte le tappe dello sviluppo psicologico che portano alla personalizzazione, raggiunta pienamente nell’accettazione di soffrire e morire innocentemente sulla croce.  E Silvano Cola ha brillantemente riscontrato nel processo di maturazione individuale, la legge del “saper morire”, come una costante psicologica nelle tappe del progressivo raggiungimento della totalità umana di cui l’Anthropos è l’icona. 

Tornando a Psicologia e Comunione, dopo il primo convegno nel giugno 2002, numerosi incontri culturali si sono svolti in diverse città italiane, come per esempio a Milano, Napoli, Roma, Catania, Verona, Benevento, ecc. In tutte queste circostanze abbiamo avuto  la partecipazione di diversi docenti universitari e sarebbe bello elencarne i nomi, ma il tempo a disposizione purtroppo non è molto, tra l’altro hanno partecipato anche tantissimi studenti di psicologia che sono rimasti in continuo contatto con noi per le loro tesi di laurea.  A margine c’è da dire che molti di noi nel tempo sono entrati in diverse università italiane e straniere come docenti, tanti altri hanno pubblicato diverse opere che sono state tradotte anche in più lingue. Ma tornando agli incontri culturali la cosa più interessante di tutti questi incontri è che ogni volta veniva suscitata una profonda condivisione di esperienze professionali, di riflessioni psicologiche, tanto ascolto reciproco e tanto dialogo all’insegna di una vera e propria comunione.                      

Per quanto riguarda gli obiettivi culturali, si potrebbe dire che l’obiettivo di fondo di Psicologia e Comunione è quello di puntare a fare un’esperienza di “Unità” fra tutte le realtà psicologiche diverse fra loro, e ciò  vuol dire che bisogna “andare tutti insieme” a raccogliere  la sfida che gli psicologi oggigiorno hanno davanti ed è quella di lavorare sulle molte varietà del proprio Io-Noi, su una psicologia veramente rinnovata, vertente su tematiche come quella della psicologia della fraternità, del come imparare a collaborare nei gruppi, dell’amore fraterno, delle relazioni d’amore con gli altri, ecc., questo perché l’argomento classico dell’individualità quello dell’Io singolare, è stato già ampiamente affrontato in passato dagli psicologi, ed oggi sebbene il tema della “Relazione” stia entrando prepotentemente in primo piano nella psicologia, come in psicoanalisi, e altrove, basti pensare che nel più avanzato avamposto psicologico come quello della Neuropsicologia tranquillamente si utilizzano termini come Mente Relazionale, Matrice Intersoggettiva, ecc. In altre parole, la sfida che oggi attende la psicologia consiste nel cogliere e teorizzare la reciprocita’ da cui nasce non solo il riconoscimento dell’altro, la lettura e l’interpretazione delle menti, ma anche quella particolare forma di reciprocita’, ancora del tutto inesplorata, che rende possibile la comunione fra gli individui e che si radica sul dono di se’, sulla gratuita’, sull’accoglienza senza condizioni.  E quindi si tratta di andare oltre alla semplice “relazionalità” come in psicologia  comunemente viene intesa, per giungere ad evidenziare appunto il paradigma della “reciprocità relazionale” o semplicemente della “comunione”. E con ciò si è consapevoli di stare avanzando una Psicologia Nuova,  che non vuol dire però una nuova ed ennesima teoria psicologica da affiancare o competere con altre e più famose e collaudate teorie psicologiche tipo: psicoanalitica, comportamentale, esistenziale, ecc.  Psicologia e Comunione è una  Psicologia Nuova nel senso che è la psicologia che punta a realizzare il disegno di Dio sull’uomo: perchè se Dio è Trinità e l’uomo è immagine e somiglianza di Dio , è ovvio che l’uomo è portatore di un progetto trinitario nel suo cuore, progetto che si realizza appunto in relazione con gli altri, mediante il rapporto d’amore con gli altri. E questa Psicologia Nuova, che Psicologia e Comunione cerca di incarnare, ci dice che se vogliamo realizzarci, essere autentici, maturi, liberi, semplici, in breve,  sani psicologicamente è necessario “girare attorno all’altro”, dando all’altro la sua giusta centralità,  investendolo di rispetto e riconoscimento come essere trascendente, e quindi meritevole appunto d’amore.

D’altra parte se volessimo  approfondire culturalmente in psicologia un argomento enorme come quello dell’amore, (è una proposta  di dialogo che mi piace proporre a tutti i congressisti quì presenti) noi troviamo che il contributo da parte di Chiara Lubich nello specifico della psicologia dell’amore è davvero  interessante. Infatti Chiara Lubich fa notare che esistono alcune particolari modalità comportamentali necessarie per essere dei veri artisti nell’amare.

Per esempio, amare tutti indistintamente al di là della simpatia o antipatia, della bellezza o bruttezza, ecc., amare tutti senza discriminazioni razziali, sociali, culturali, ecc., facendo con ciò cadere tutte le classificazioni di ogni tipo e tutte le parzialità perché amare tutti significa proprio questo cioè approvarli così come sono senza giudicarli, o meglio riconoscere che ciascuno è quello che è e che lui è necessariamente così.

Oppure, amare per primi, senza aspettare che lo facciano gli altri nei nostri confronti, senza aspettare di essere amato, d’altronde anche noi non è che siamo del tutto amabili o perfetti, è un amore questo che si presenta gratuito e disinteressato senza particolari pretese o aspettative, e questa capacità di iniziare presuppone un equilibrio interiore non indifferente perché si fa proprio il rischio di esporsi all’altro senza difese.

E quindi si tratta di accogliere l’altro facendo il vuoto di sé, si tratta di farsi uno con chiunque perché questo è un amore che presuppone non solo parole o sentimenti ma fatti e gesti di concretezza come quello di condividere il vissuto dell’altro che può essere sia positivo che negativo: gioie, dolori, risa, pianti, ecc., salvaguardando però la propria individualità con un certo distacco, con una buona distinzione dall’altro, e l’empatia psicoterapica la ricorda tantissimo, ma, e questo va sottolineato non è la stessa cosa, perché non siamo solo sul piano psicoterapeutico, semmai è il caso di parlare di “mutua empatia”

Insomma, si tratta di cogliere nell’altro una dimensione profonda universalmente comune, non solo ma è anche un cogliere nell’altro la bellezza della sua diversità, della sua specifica individualità fatta di storia e di esperienza vissuta che mi porta ad assumere nei suoi confronti un atteggiamento di rispetto incondizionato; una diversità dell’altro vista da me come ricchezza, nel senso che l’altro è indispensabile al mio equilibrio interiore. In altri termini questo ultimo modo d’amare è più propriamente un riconoscere che pur essendo diversi, ad un livello molto profondo c’è qualcosa di universale che ci accomuna, perché nonostante che sentiamo di essere diversi l’uno dall’altro, riconosciamo che ognuno a modo suo è ciò che è, e quindi meritevole di essere amato.

Concludendo, ecco quindi il senso e il significato profondo degli obiettivi culturali di Psicologia e Comunione, e cioè che l’individuo diventa pienamente se stesso solo nella comunione, solo nel rapporto d’amore con l’altro, perché è solo grazie a questa esperienza d’amore che arriviamo a conoscere la nostra vera umanità e l’essenza della nostra corporeità, andando con ciò al di là dei nostri limiti e dei nostri difetti che vengono così accettati allo stesso modo con cui vengono accettati i limiti e i difetti dell’altro, fino ad arrivare a vedere nell’altro un diverso universo in cui mi ci posso perdere con gioia perché il mio Io si dilata e la mia individualità  solo allora si presenta con una personalità più piena.  E questa esperienza della gioia, che è anche della pace e della libertà, fatte da due persone che contemporaneamente si trascendono, permette ad entrambe un  vissuto di piena comunione, cioè un’esperienza d’unità.

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