Se tuo figlio è un bullo

Avvertenze per genitori distratti, davanti ad una emergenza che dilaga. 130 milioni di bambini nel mondo sono coinvolti in casi di bullismo.

In Italia la metà della popolazione infantile! Questo significa che un bambino su due, a volte già all’asilo, soffre o ha sofferto per questa forma di violenza.

Qualcuno potrebbe obiettare che il disagio adolescenziale c’è sempre stato, fin dai tempi del libro Cuore. Ma oggi il problema ha raggiunto una diffusione impressionante: cellulari, social, Internet hanno reso facili, quasi banali, i comportamenti persecutori, acutizzando il fenomeno.

Secondo Francesca Maisano, psicoterapeuta dell’età evolutiva, che con Luca Bernardo ha dato alle stampe L’età dei bulli (Sperling & Kupfer), che riporta i dati di cui sopra, il motivo di fondo è che troppi giovani vivono ormai senza modelli di riferimento positivi e senza regole condivise. Tanti genitori non hanno tempo, sono troppo permissivi o troppo severi, non dialogano (tra loro e con i ragazzi), litigano davanti ai figli e poi si separano. E come possono i giovani imparare il senso di “responsabilità”, civile e morale? Anche gli insegnanti a volte umiliano lo studente di fronte alla classe con inutile prepotenza verbale, facendo venire meno un altro possibile modello educativo. La società, infine, non aiuta: conta solo chi vince, a qualunque costo. Risultato di questa “crisi dei ruoli” è un malessere diffuso, che si ripercuote sui giovani, disorientati e in balia di se stessi. Inoltre, fin da piccoli, ai ragazzi viene messo in mano un cellulare o un tablet con cui entrano, spesso senza controllo dei genitori, in Internet dove assorbono in maniera acritica una dose crescente di aggressività, violenza e stili di vita trasgressivi (vedi piaga del sexting, la condivisione di video sessualmente espliciti, con l’esposizione del proprio corpo in modo quasi pornografico).

 

Bullo

«Più ero aggressivo, più avevo amici, sempre meglio che essere invisibile e non contare niente». Il bullo, nella sua prepotenza, sfoga e trasforma in aggressività la rabbia accumulata in famiglia o nel quartiere degradato in cui vive. Di solito è un adolescente che usa droga o cannabis, vive di paura e fa paura. Oppure, ansioso e insicuro, usa l’aggressività per attirare l’attenzione. Il bullo è, insomma, anche un ragazzo “bisognoso di aiuto”, di grande fragilità emotiva, che nessuno ha ascoltato o amato al momento giusto.

 

Bulla

La violenza tra ragazze è più subdola, nascosta, indiretta, verbale, anche se sta crescendo l’aggressività fisica (vedi i modelli femminili “duri”, proposti da cinema, social e tv). La bulla sembra in gamba, è perfino ammirata dagli adulti, difficile da scoprire, ma semina terrore. Niente pietà, niente empatia: «Se non sei dura, sei sfigata e gli altri ti mettono i piedi in testa». Eppure anche lei, alla fine, è sola e triste, a partire dagli anni dell’asilo.

 

Vittime

Le persone più colpite sono quelle timide, insicure, sensibili o con qualche difficoltà, fisica o comportamentale, soprattutto tra gli 11 e i 13 anni. Derisa, umiliata e offesa dai compagni, la vittima perde la stima di sé, si convince di essere sola al mondo e di meritarsi quel che le succede, non parla con i genitori per paura di deluderli o che le tolgano i social, arriva a forme di autolesionismo come ribellione all’oppressione che sente 24 ore su 24: «Sono stanca di vivere, mi odio, mi faccio schifo. Mi vergogno. Solo quando mi taglio sono libera». Spesso la violenza arriva proprio dagli amici o amiche più cari, con cui si era confidata e aperta.

 

Genitori

Di fronte ai casi di bullismo, di solito la maggior parte dei compagni di classe non prende posizione e cerca di stare alla larga. Sono i genitori (e l’insegnante) che devono accorgersi che qualcosa non va: il bambino-vittima è rabbioso, non rispetta le regole, cala nel rendimento scolastico, ha sintomi psicosomatici (mal di testa), sonno disturbato, ansia. L’errore più frequente, come soluzione, è cambiare scuola: questa “fuga” non fa che diminuire ancora la già bassa autostima del ragazzo.

La difficoltà si ripeterà nel nuovo ambiente. Bisogna invece affrontare il problema. Conviene allearsi con l’insegnante, coinvolgere tutta la classe, chiedere l’aiuto di un esperto: per recuperare l’autostima di un ragazzo ci vuole tempo, molto tempo. Soprattutto “parlare, parlare, parlare” con i figli.

 

Recupero

La buona notizia è che i ragazzi si possono recuperare, bulli e vittime. Spesso sono i genitori che non riescono ad accettare il fatto che il figlio o la figlia siano bulli. Bisogna invece darsi da fare, chiedere aiuto agli esperti, allearsi genitori, educatori, società. Possiamo rivolgerci per aiuto ai centri specializzati, come quello di Milano (www.casapediatrica. it). Ma facciamo in fretta. Non facciamo crescere ancora il numero delle vittime di bullismo che per disperazione si suicidano.

 

DI GIULIO MEAZZINI 

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