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E’ nato da un contatto tra il Ministero dell’Educazione e Cultura e la Società di Logoterapia dell’Uruguay.
Si è sviluppato attraverso un ascolto empatico per capire le necessità dell’utente. L’accettazione incondizionata di queste donne in carcere e le sue storie di vita sono state il punto di partenza.
Metodologia di lavoro
Si fanno dei laboratori riflessivi che partono dal vissuto, nei quali si promuove l’autoconoscenza e la dignità, e si potenziano le risorse di ognuna di loro.
Le risorse che si usano promuovono la comunicazione esistenziale, dove l’assistente e l’assistita partecipano con gli stessi impegni: darsi a conoscere e dare al gruppo il meglio di sé stessi.
Si parte da un libro, da una favola, da una situazione di vita reale o dal vissuto attule di rapporto con le compagne dentro il carcere, ecc. Si legge e riflette sul libro di Victor Frankl “Uno psicologo nel lager”.
La dinamica del gruppo
Il gruppo si riunisce una volta in settimana. L’incontro dura due ore.
Si prende un impegno personale di assistenza, giacché la presenza e la puntualità sono di vitale importanza affinché le partecipanti credano nella effettività e riuscita del gruppo stesso.
Ogni partecipante può accedere, se lo domanda, ad un’attenzione personale col psicologo.
Abbiamo anche partecipato di riunioni di crisi e di emergenza. Per esempio, la Direttrice ci autorizzò ad entrare nel settore di alto rischio del Carcere, durante un ammutinamento, per aprire uno spazio di dialogo. In quella occasione, superando la nostra paura, abbiamo fatto una seduta di gruppo con la finalità di calmare il clima inquinato della relazione tra le carcerate e cercare un’apertura al dialogo con delle autorità.
Questa fiducia delle autorità è stata per noi una grande riconoscenza e apprezzamento del lavoro svolto. Anche il fatto che le carcerate stesse ci abbiano acetati e permesso di portare aventi i laboratori.
Situazione delle carcerate
Le donne carcerate che lavorano nei laboratori presentano:
- Angustia esistenziale: hanno in chiaro che non possiedono i suoi diritti civili. Non possono votare, ne percepire stipendi, ne transitare liberamente negli spazi pubblici. Ma quello che più li provoca angoscia è la separazione dai suoi cari.
- Crisi di senso: non sopportano ne capiscono il senso della situazione che attraversano.
- Confusione della gerarchia dei valori: non sanno ne possono dare delle priorità ai valori.
- Depressione spirituale: scomparendo i valori, le risorse spirituali diminuiscono, le loro credenze e fortezze si vedono intaccate.
- Apatia: si rifugiano nei loro letti e dormono, lasciando fuori di sé tutto quello che può sensibilizzarle. Non reagiscono di fronte al proprio dolore né a quello delle loro compagne.
- Assenza di un perché per cui vivere: la angoscia, la crisi dei valori e l’apatia provocano situazioni limiti nelle quali si aggrediscono a sé stesse lasciando di mangiare, provocandosi dei colpi o dei tagli, provocando delle risse in caserma.
Gli strumenti
- L’incontro arricchisce e mobilita la vita di tutti i membri. Il prendere distanza delle proprie difficoltà ed il mettere in discussione le proprie azioni gli aiuta a cercare cambiamenti ed a prendere delle responsabilità. Il trovare senso alla sofferenza e l’accettare la colpa le fa più libere e gli irrobustisce l’autostima.
- La conoscenza di sé stesse, a causa della crescita individuale, li fa trovare il senso di quello che vivono. Questa conoscenza di sé si dà nell’incontro personale con le altre membra del gruppo. Vengono a conoscenza del dolore dell’altro e questo fa si che si riconoscano nel gruppo.
- Si lavora partendo da un vissuto profondo della temporalità. Il capire la situazione e cercare di superarla aiuta non solo a ricuperare la libertà ma a sperare in un futuro migliore assieme alle loro famiglie e loro comunità.
- Si chiariscono i suoi valori. Si riconosce che il valore non è personale ma che fa parte dalla propria storia e realtà, che è diversa da quella degli altri.
- Si riconosce e scopre la libertà interiore.
- La crescita umana ha bisogno di abitudini, che con diverse tecniche di studio, con introspezione e riflessione personale, riescono ad arrivare alla conoscenza personale, all’accettazione di sé stessi, alla responsabilità, all’impegno con gli altri, il tutto nella massima libertà.
Si migliora in diversi campi
- Si ricupera il senso di fraternità, facendo cosciente che quello che l’altro vive ci tocca personalmente, non ci è indifferente. Ci si accorge che non è possibile essere felici se l’altro soffre.
- Riconoscere la dignità della persona. Sapersi diversi nelle credenze e nelle necessità. Nei laboratori si ascoltano le partecipanti e si sentono capite. Ma la cosa di più valore è che loro stesse riescono ad ascoltare e capire le proprie compagne, dandogli sostegno e contenimento. Il gruppo può confrontare verità nascoste. Si parla della bugia, del perdono, della vendetta, della paura di uscire in libertà. Si parla di tradimento, del guardare male all’altro, ecc.
- Il gruppo è un inizio per la vita in comunità. Nel gruppo si ascolta e si può parlare sinceramente. Nel gruppo ci si pongono dei limiti, si rispetta lo spazio e si proteggono gli interessi comuni. Le donne carcerate si sentono rispettate ed accettate. Si vive la quotidianità ed hanno uno spazio reale dove ricordano aver messo in risalto dei valori e virtù che sono stati definite da loro stesse.
Le persone beneficiate
Dopo cinque anni di lavoro hanno partecipato al gruppo circa trecento di donne.
Tramite Centri di attenzione che la Società di Logoterapia ha fuori del Carcere, si è riuscito a seguire le carcerate in libertà. Un 30% delle partecipanti ai Laboratori ha trovato una buona integrazione sociale e lavorativa.