
19 bambini con intelligenza sopra la media, tratti ossessivi e un Super-Io particolarmente rigido, aveva in comune anche una debolezza del Sé. Tale debolezza del Sè era attribuibile principalmente a due fattori: “vissuti di abbandono” e frustrazioni affettive precoci.
Il comportamento dei suddetti bambini veniva assunto dai loro genitori come parametro per giudicarli ( seppur piccolissimi) e per “reagire” nei loro confronti ; non solo non riuscivano a domandarsi i motivi del comportamento dei loro figli, ma nemmeno a tranquillizzarli entrando in empatia con loro Quindi in base ad una convinzione personale, qualche volta irrazionale, i bambini incorreva o in giudizi negativi, svalutazioni, punizioni, pesanti minacce.
La loro struttura Superegale era quindi comprensiva non solo del sentimento di colpa connesso alla normatività del complesso edipico, ma anche dei sentimenti di paura ed insicurezza relativi alla norma ambientale. Norme che spesso erano troppo rigide, fredde e sortivano l’effetto di un comando
rivolto ad un “robot”. L’incapacità genitoriale di domandarsi il “ perché”, di “bonificare” le emozioni dei loro figli, di creare una sintonia affettivo-emotiva e di trasmettere calore, rendeva la situazione insostenibile per i bambini. Il loro sviluppo veniva perciò inibito non solo da un Sé debole e fragile, poco attrezzato ad affrontare la realtà esterna , ma anche da ” trappole emotive” (la definizione è mia ) di cui sono responsabili i neuroni specchio.
Il giudizio dei genitori, unito alle loro emozioni e (trasmesse attraverso le modificazioni viscerali-motorie di cui sono responsabili determinate aree corticali) seguito da svalutazioni, da minacce e da castighi sempre più frequenti ed estesi a varie attività, facevano sentire i figli cattivi. Tali “trappole emotive” si rafforzavano,inoltre, nel rispecchiamento continuo tra casa e scuola, con effetti talvolta devastanti; a quel punto paradossalmente, il bambino diventava veramente lo “sconosciuto” della relazione tra insegnanti e genitori.
Ma la modalità con cui i genitori si mettono in relazione coi loro figli, come ormai numerosissimi studi ci hanno dimostrato,( C. Scarpellini – G. Belotti – M. T. Romanini – C. Steiner- R. Laing ) è in relazione colo loro modo di esistere, col loro essere stati figli a loro volta. Le loro esperienze infantili , le emozioni ad esse relative , le eventuali fobie, le fantasmatizzazioni, vengono trasmesse ai loro figli, che le colgono immediatamente attraverso, non solo al meccanismo dei neuroni specchio, ma anche dal comportamento.
Ma le fantasmatizzazioni e le fobie raggiungono pìù violentemente i bambini perché più arcaiche e influiscono più pesantemente sulla loro autostima..( Nella maggior parte delle psicodiagnosi da me esaminate, l’autostima era negativa ).
Le disconferme, come afferma R. Laing, sono svalutazioni così potenti da ingenerare nel caso dei Sentimenti, anche una scissione interna alla persona.
La difficoltà ad educare dei suddetti genitori, non era però solo rappresentata dal loro modo di esistere, era infatti anche accresciuta, dalla presenza di problemi di salute relativi alla famiglia, talvolta alla famiglia estesa; anche il giudizio, o il disinteresse della comunità a loro circostante contribuiva a peggiorare la situazione.
Un altro fattore andava ad accrescere la sofferenza dei bambini:le richieste di autonomia idonee alla loro età non venivano loro fatte; ciò non faceva altro che accrescere il sentimento di disistima di sé, anche perché potevano sentirsi rinfacciare la dipendenza , sentendosi indegni dell’amore dei genitori ( o dell’amore di Gesù): bambini cattivi, dunque.
“E’ forse per fuggire dalla paura di essere annientati dal sentimento negativo di Sé, dal non sentirsi capiti, ma sempre giudicati e svalutati che questi bambini fuggono dalla realtà?” “Per fuggire dall’incontro coi sentimenti depressivi, di dolore e forse di odio ( spesso condizionati a negare l’esistenza di questo sentimento, nonché della rabbia, per non essere considerati cattivi) vissuto come distruttivo per sé e/o per i genitori?” “Si, perché il motivo per il quale erano stati condotti da me era proprio un progressivo ritiro dal mondo della scuola, di calo del rendimento scolastico, di progressivo e sempre più stabile ritiro entro le mura domestiche; spesso tutto ciò veniva anche accompagnato da atteggiamenti autolesivi. Per impedire il proprio annientamento, investendo nell’intelligenza considerandola quindi un’ancora di salvezza, il bambino fugge nella fantasia.
“L’onnipotenza salvifica “ ( il termine è mio ), sostituto di un’onnipotenza positiva, che in condizioni normali attraverso l’idealizzazione di Sé e dell’oggetto, struttura il senso di individualità e di significato personale ( D. Winnicot e H Kohout ) ” L’onnipotenza salvifica” è forse il disperato tentativo di proteggere il Sé e gli oggetti genitoriali, ( narcisismo benigno ) verso i quali può sentirsi in conflitto tra sentimenti d’amore, di odio e di dipendenza.Un investimento suppletivo nell’intelligenza può essere possibile per consentire al bambino di controllare la realtà e contemporaneamente per darsi valore . Questo processo gli permette inoltre, di arginare nel Super-Io l’aggressività, la rabbia e i desideri edipici, la cui presenza era inconfutabile in alcune delle psicodiagnosi.
La dipendenza depressiva,l’eccessiva severità, le svalutazioni, i castighi, le punizioni…… la paura, sono tutti fattori di stress emozionale; è per sottrarsi ad uno “stressor” indotto dall’ambiente esterno di tipo psico-sociale, che i bambini in questione fuggono dalla realtà. Come dimostrato dagli studi sulle reazioni emozionali di stress acuto, come quelle relative alle azioni di lotta e fuga, per paura, anzi per “una somma di paure” e per proteggere il Sé, i bambini si chiudono in se stessi elaborando fantasie.
Nelle malattia maniaco-depressiva, come dimostrato da R. Delle Chiaie e Federico Regine, è molto chiaro lo stretto collegamento biologico e l’analogo significato adattativo della modificazione dei sistemi neurotrasmettitoriali e neuroendocrini, osservabili nella reazione di stress acuto e nel corso degli episodi della suddetta malattia, come nelle azioni di lotta e fuga.
Anche i bambini a me pervenuti, spesso alternavano periodi depressivi, a periodi onnipotenti, fatcando non poco ad uscire da questa spirale.
Alcuni degli ingredienti educativi idonei a modificare tale situazione sono quindi: la maggior espressione dell’affettività, la sintonia affettivo-emotiva, la fiducia nelle capacità, la rassicurazione, la “bonificazione” delle emozioni; tutti questi” atteggiamenti” richiedono però da parte dei genitori una capacità empatica profonda, che molti non possiedono come spesso mi hanno confidato: “ Ma, noi non abbiamo mai nell’educazione sperimentato ciò che lei ci chiede, l’espressione ell’affettività”.